IPv6 only: quando avverrà la dismissione dell'IPv4?
Il passaggio a IPv6 è inevitabile: ma quando sarà abbandonato IPv4? Scopri le tappe previste e le sfide per una transizione completa.
6/25/20252 min leggere
Oggi navighiamo in una rete che si regge su due pilastri: IPv4, lo storico protocollo con cui Internet è nato e cresciuto, e IPv6, il suo successore progettato per risolverne i limiti. Questo stato di "coabitazione", noto come dual stack, permette ai dispositivi di usare entrambi i protocolli a seconda della disponibilità. Ma è lecito domandarsi: arriverà mai un giorno in cui Internet sarà esclusivamente IPv6? E se sì, quando?
Un’eredità che pesa
L’IPv4, introdotto negli anni '80, metteva a disposizione circa 4,3 miliardi di indirizzi. All’epoca sembrava una cifra sovrabbondante. Nessuno poteva prevedere la crescita esponenziale della rete, dei dispositivi connessi e dei servizi online. Oggi quegli indirizzi sono finiti. Per sopperire, si è fatto ricorso a soluzioni temporanee come il NAT (Network Address Translation), che ha permesso a più dispositivi di condividere un singolo indirizzo pubblico. Tuttavia, queste soluzioni hanno reso la rete più complessa e meno trasparente.
Perché non siamo ancora passati a IPv6?
IPv6 non è semplicemente un’espansione di numeri. Offre un nuovo modo di pensare Internet: più indirizzi disponibili, comunicazione end-to-end, routing più efficiente e una base più solida per il futuro dell’Internet of Things. Eppure, la sua adozione è stata sorprendentemente lenta.
La ragione principale è la compatibilità. Molti servizi ancora oggi si basano esclusivamente su IPv4. I provider, soprattutto nei mercati più maturi, faticano a investire in infrastrutture completamente nuove. E finché una parte significativa della rete resta ancorata a IPv4, anche chi vorrebbe abbandonarlo è costretto a mantenere entrambe le soluzioni.
Ma allora, quando sarà davvero IPv6 only?
Non esiste una data fissata. È più realistico immaginare una graduale ritirata di IPv4, con aree della rete che diventeranno “IPv6 only” in modo selettivo. Alcuni provider mobili lo stanno già facendo. Ad esempio, negli Stati Uniti e in alcune reti europee, gli smartphone navigano in IPv6 e accedono ai servizi IPv4 tramite tecnologie di traduzione come NAT64. È un segnale chiaro: la direzione è tracciata.
Anche i grandi provider cloud stanno muovendosi. In contesti come il cloud pubblico, dove il controllo dell’infrastruttura è totale, l’adozione di IPv6 è più semplice e può diventare rapidamente la configurazione predefinita.
E l’Italia?
Nel nostro Paese la transizione è più cauta. Alcuni operatori – Fastweb, Sky WiFi, Iliad – hanno introdotto l’IPv6 in alcune offerte, ma senza una strategia nazionale chiara. I router venduti oggi spesso supportano IPv6, ma l'attivazione è ancora marginale o poco documentata. La mancanza di comunicazione da parte degli operatori, unita a una scarsa pressione istituzionale, frena il cambiamento.
Conclusioni
Non ci sarà un giorno in cui si spegnerà l’IPv4 e si accenderà l’IPv6. La transizione sarà silenziosa, progressiva, e si manifesterà prima nei segmenti più giovani della rete: i nuovi servizi cloud, le reti mobili, i dispositivi IoT. Il futuro è IPv6, su questo non ci sono dubbi. La domanda non è più se ci arriveremo, ma quando e in quali condizioni.
Nel frattempo, prepararsi è la scelta più saggia. Attivare IPv6, testare la propria rete, informarsi: questi sono i primi passi per non restare indietro quando il futuro diventerà presente.
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